Acquisire la consapevolezza che il suicidio è una delle cause di morte che più di ogni altra può essere prevenuta attraverso strategie preventive, delineare i punti chiave e le linee guida su scala nazionale, evidenziare i numerosi programmi di prevenzione attualmente attivi, i risultati delle ricerche e le attività collocate nei vari strati della comunità, sono solo alcuni aspetti che possono contribuire a ridurre il numero delle vittime.

In Italia si contano circa 4000 suicidi l’anno.

La Caritas ha colto l’occasione per porre l’attenzione sulla difficile situazione che devono affrontare i famigliari di chi si è tolto la vita.

“Perdere una persona in questo modo genera un lutto particolarmente difficoltoso da superare”,  ha spiegato Günther Rederlechner, responsabile da tempo del servizio Hospice della Caritas. “Sensi di colpa, auto-recriminazioni, vergogna e a volte anche l’incomprensione dell’ambiente esterno rendono quasi impossibile un naturale processo di elaborazione del lutto”. Anche il servizio di sostegno telefonico della Caritas conosce il problema e lo affronta dando ascolto 24 ore su 24 a persone che hanno dovuto affrontare questo lutto e a uomini e donne con pensieri suicidi. Per chi è colpito da questo lutto è confortante sapere di poter parlare della propria situazione e dei propri stati d’animo in un ambiente protetto con persone appositamente formate. I famigliari di chi si è tolto la vita, vorrebbero cercare di comprendere perché la persona amata si è tolta la vita e per quale motivo non sono riusciti a fermarla. Si interrogano, a volte anche rimproverandosi e provando rabbia, sul perché il proprio caro li abbia lasciati soli in una così terribile situazione. “Spesso ci si dimentica che prima del suicidio c’è una lunga e complessa storia, una forte depressione, che la vittima nasconde per anni”, dice Rederlechner. Per i famigliari è fondamentale trovare comprensione e parlare in maniera schietta di ciò che è accaduto. Spesso succede esattamente il contrario. I famigliari trovano incomprensione e, per paura di essere giudicati, si ritirano e si isolano.

In occasione della Giornata anche Telefono Amico Italia , con il supporto di MediaOne, ha promosso per il terzo anno consecutivo una campagna informativa di sensibilizzazione che verrà veicolata, dal 10 al 30 settembre, sui canali di comunicazione di MediaOne presso le stazioni di Roma Fiumicino Aeroporto, Roma Tuscolana, Roma San Pietro, Roma Tiburtina, Torino Porta Susa, Milano Rho Fiera. Il messaggio della campagna di sensibilizzazione all’ ascolto, per la quale è stato creato un video ad hoc, non  ha puntanto sul gesto estremo in sé. Il tema del suicidio, rimane sullo sfondo: la campagna  ha puntato infatti l’ attenzione sui temi della solitudine e del disagio, ovvero sulle radici del malessere piuttosto che sulle sue conseguenze ultime. Ed è proprio qui che subentra il lavoro dei volontari di Telefono Amico Italia che ogni giorno ( dalle 10 alle 24 ) sono in ascolto di chiunque cerchi una persona con cui parlare attraverso il numero unico 199 284 284.

Anche quest’anno Maurizio Pompili, responsabile del servizio per la prevenzione del suicidio nell’azienda ospedaliera Sant’Andrea di Roma e professore associato di Psichiatria della Sapienza, ha organizzato il Convegno Internazionale di Suicidologia e Salute Pubblica (XV edizione), tenutosi a Roma il  14 e 15 settembre.

” L’urgenza oggi e’ saper identificare in anticipo il rischio di suicidio, essere in grado di riconoscere i soggetti in crisi, saperli aiutare e, nel peggiore dei casi, sostenere quanti hanno gia’ perso un caro per suicidio. In Italia, ha detto ancora Pompili, il fenomeno dei suicidi e’ aumentato del 12% negli ultimi anni a causa della crisi economica, che ha avuto un impatto importante nell’accrescere il suicidio soprattutto negli uomini in eta’ lavorativa: 25-69 anni. Il problema, ha chiarito il professore, e’ la cultura della prevenzione del suicidio che stenta ad essere acquisita e assorbita dagli ambienti che dovrebbero accogliere i soggetti in crisi. Il tabu’, lo stigma nei confronti del suicidio, impedisce spesso di impadronirsi di concetti chiave e semplici che potrebbero favorire un riconoscimento precoce. Molto si e’ fatto rispetto al passato anche grazie ad eventi come il nostro, che continuano a riscontrare una maggiore partecipazione per questo tipo di formazione, gradita in particolare dagli operatori della salute mentale. Esistono dei segnali di allarme. Nella maggior parte dei casi le persone lo dicono apertamente, ha spiegato Pompili, fanno affermazioni e comunicazioni circa l’intenzione di suicidarsi, spesso pero’ non vengono ascoltati. Anche il sonno, l’ inappetenza, l’insonnia, l’ansia e l’inquietudine sono indicatori importanti. Inoltre, le persone che hanno un’intenzione suicidaria possono dar via cose care come se facessero un testamento e affidarle a qualcuno che poi se ne occupera’. Altri campanelli riguardano i repentini cambiamenti di umore, nel senso che prima queste persone si mostrano molto angosciate e tristi, poi a un certo punto appaiono risollevate come se qualcosa fosse cambiato. In effetti hanno preso la decisione e di conseguenza hanno trovato cio’ che li risollevera’ dalla sofferenza in cui si trovano. Pompili ha sottolineato che le persone che si tolgono la vita non vorrebbero mai morire, vorrebbero vivere ammesso che qualcuno li aiutasse a superare il dramma che si svolge nella loro mente. Senza dubbio la parte piu’ nevralgica nella prevenzione del suicidio in Italia si riscontra nella difficolta’ di trovare interlocutori specifici e disponibili nell’immediato. Il riferimento piu’ immediato e’ presso i Centri di salute mentale, o laddove abbiamo colleghi e associazione che in qualche modo fanno parte del nostro circuito. Solo in quest’ultimo caso abbiamo degli interlocutori specifici ma, non capita spesso”.

Il tema del convegno di quest’anno e’ stato  “Spendi un minuto, cambia una vita”.

“Se sapessimo dedicare anche poco del nostro tempo per prestare attenzione a quei segnali di allarme, potremmo dare la possibilita’ a chi e’ in crisi di aprirsi e confidarsi. Potremmo cambiare la sua vita. Quando la persona ha la capacita’ di relazionarsi rispetto al proprio dolore, si sente compreso e non andra’ avanti con la pianificazione suicidaria”,  ha confermato Pompili.

Alessandra Chiaromonte

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