Il giorno che ti ho conosciuta eravamo tutte e due in fila al gate di un aereo diretto a Londra. Allora non lo sapevo, ma dopo quel giorno ci sarebbero stati molti altri aerei, molti altri viaggi, notti insonni su corriere in viaggio da un estremo all’altro dell’Europa. E soprattutto, dopo quel giorno non ne è più passato un altro senza che tu fossi in qualche modo nella mia vita. Il giorno che ti ho conosciuta era la prima volta che prendevo l’aereo e che andavo così lontano da casa mia. Nella mia valigia portavo le insicurezze e le ferite di quei tredici anni di età che pesavano sulle mie spalle come un macigno e quell’aura di tristezza di cui è stata impregnata la prima parte della mia vita. Con te accanto, giorno dopo giorno, non ricordo nemmeno come sia successo, ogni cosa ha cominciato ad avere un sapore diverso. Ti ricordi quelle passeggiate lunghissime per il centro di Dublino, io e te a braccetto, io e te che perdevamo la fila perché eravamo troppo concentrate a raccontarci le nostre vite? Quando dolore c’era stato nella tua, ma quanto continuavi ad amare, nonostante tutto. E ti ricordi quando ti veniva in mente qualche voglia stramba e mi dicevi: “Facciamo una pazzia?”,ma la risposta la sapevi già. Perché di pazzie con te ne ho fatte davvero tante. Come quella notte in treno, la notte del mio addio al nubilato,come dicevi tu, la notte in cui abbiamo viaggiato per raggiungere Roma alle prime luci dell’alba per fare la fila alla mostra del Caravaggio per vedere quel quadro che ci piaceva tanto, quello che eravamo tornate  a vedere due volte al museo nazionale di Dublino. E mentre a casa mia fervevano i preparativi per il mio matrimonio, io e te eravamo su quel treno a ridere come due matte. Ridevamo del passato, del presente, ridevamo di un tempo che allora mi sembrava eterno. Mi sbagliavo. Su quello e su tante altre cose. E mentre io progettavo, rimandavo a domani e dopodomani cose che invece avrei potuto fare, convinta com’ero che tu ci saresti stata per sempre, tu ti stavi preparando a lasciarmi. Perché tu a lasciare me e questo mondo eri pronta, ma sapevi che io non sarei mai riuscita a lasciare te. Mi ricordo quel giorno che ti ho vista sul quel letto di ospedale e ho capito che era l’ultima volta. Ricordo il tuo sguardo. Ti ho sorriso, perché non volevo che il mio ultimo ricordo di te fosse segnato dalle lacrime. Ma poi, dentro l’ascensore di quel maledetto ospedale, ho lasciato andare i singhiozzi di una disperazione che, nel profondo della mia anima, non mi ha mai abbandonata. Ti chiamavo mamma, perché era la ripetizione delle prime sillabe del tuo nome, dicevo a tutti. Ma io e te lo sapevamo che non era vero. Ti chiamavo mamma perché con te mi veniva spontaneo così. Con te ho condiviso i segreti e la profondità di un cuore che a volte ha sopportato più ferite di quelle che avrebbe voluto. Proprio come si fa con una madre. “Se mi ami non piangere” dice una preghiera di Sant’Agostino, quella che tu preferivi. Non piango Maura, non piango più. So perfettamente dove sei. Sei in cielo, quel cielo al quale io rivolgo lo sguardo ogni giorno. Quel cielo dal quale tu mi mandi segni e risposte che ho imparato a leggere. Quel cielo che tu ed io abbiamo guardo insieme tante volte è l’unica consolazione, l’unica certezza che ora sei ovunque sono io. Vorrei dirti tante cose, anche quelle che non ti ho mai detto. Passano gli anni, scorre la mia vita lungo binari che non avrei mai immaginato, verso mete che nemmeno io conosco. A volte ho paura. A volte vorrei parlare con te davanti ad un caffè ed una brioche integrale al miele. Ma quel tempo non c’è più. Dopo che te ne sei andata è nato mio figlio, Edoardo, che sono certa avresti voluto conoscere e che avresti amato, come hai amato me. Mi assomiglia Maura, a volte mi sembra di riconoscere i suoi sentimenti, le sue malinconie, la sua anima che vola sopra tutto ciò che è scontato e visibile. Come me. Ti rivedo mentre scrivo queste parole che non ho mai avuto il coraggio di mostrare a nessuno. Voglio dirti che il tuo ricordo non mi abbandona mai. Che vivo nella speranza, quella di poterti un giorno riabbracciare. Ma voglio dirti anche che sebbene viva nella certezza di dove ora tu sia, libera e serena, il mio cuore avrà per sempre una profonda nostalgia di te.

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