Cosa ti hanno portato i morti?

“…nella nottata che passava tra il primo e il due di novembre, ogni casa siciliana dove c’era un picciliddro si popolava di morti a lui familiari. Non fantasmi col linzòlo bianco e con lo scrùscio di catene, si badi bene, non quelli che fanno spavento, ma tali e quali si vedevano nelle fotografie esposte in salotto, consunti, il mezzo sorriso d’occasione stampato sulla faccia, il vestito buono stirato a regola d’arte, non facevano nessuna differenza coi vivi.” (Andrea Camilleri)

La voglia di distanziarsi dalla morte e dimenticarsene, tenerla lì come concetto di cui parlare con timore o non parlarne affatto, evitare le domande dei più piccoli e notare come raramente ormai gli si permetta di presenziare ai funerali o di portarli al cimitero, rende chiaro come ci si approccia al concetto di morte ai nostri giorni. A tal riguardo vorrei sottoporre l’attenzione su una tradizione siciliana che viene ancora tramandata, seppur non con la stessa partecipazione dei decenni scorsi, che riguarda il culto dei morti e crea un filo con i parenti defunti, per parlare di morte, un modo per non temerli e per farli restare sempre vicino al proprio cuore, forse alquanto fiabesco e non veritiero ma un modo per poterne comunque affrontare il tema. La Sicilia è una regione che è molto legata alle sue tradizioni e alla sua cultura, e questa è una ricorrenza che risale al X secolo e che non spaventa affatto anzi e un’occasione per passare la giornata con i parenti ancora in vita e quelli defunti. Sì, perché il 2 novembre, giornata nota come “Commemorazione dei Defunti” in Sicilia è: “La festa dei morti”. Viene usata proprio la parola festa in quanto quella giornata si trasforma in un meraviglioso ponte tra la vita terrena e l’aldilà, per l’occasione le strade siciliane si riempiono di fiere e odori tipici dei dolci specifici, alcuni hanno anche dei nomi forti (ossa di morto), che variano in base alle province. La data della “festa dei morti” nel calendario non è segnata in rosso e si lavora regolarmente ma è qualcosa nell’aria a far capire che non è un giorno come gli altri. La sera dell’1 novembre si lasciano dei dolci per accogliere “i morti”, ovvero i parenti defunti della famiglia. Nella notte tra l’1 e il 2 novembre, infatti, tradizione vuole che “i morti” lascino dei doni per i bambini. Il risveglio risulta gioioso e giocoso e arricchisce sia a livello umorale che morale la giornata; ovviamente diventa anche motivo di racconti, di ricordi e domande sui parenti deceduti, non è raro, infatti, che durante quella giornata si finisca con un album di fotografie tra le mani. La commemorazione dei defunti diventa così una gioiosa festa a cui poi segue la visita al Cimitero doverosa per ringraziarli, spesso accompagnati dal dono che più è stato apprezzato. Anche Andrea Camilleri, uno dei maggiori scrittori italiani contemporanei, cantore della Sicilia, in uno dei suoi libri “Racconti Quotidiani”, nella sua lingua immaginifica frutto di commistioni tra italiano e siciliano, ne ha parlato con emozione e ricordando la sua infanzia: “A un certo momento della matinata, pettinati e col vestito in ordine, andavamo con la famiglia al camposanto a salutare e a ringraziare i morti. Per noi picciliddri era una festa, sciamavamo lungo i viottoli per incontrarci con gli amici, i compagni di scuola: «Che ti portarono quest’anno i morti?». Domanda che non facemmo a Tatuzzo Prestìa, che aveva la nostra età precisa, quel 2 novembre quando lo vedemmo ritto e composto davanti alla tomba di suo padre, scomparso l’anno prima, mentre reggeva il manubrio di uno sparluccicante triciclo.”

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