Il grande semiologo, filosofo e scrittore Umberto Eco ci ha lasciato recentemente, il 19 febbraio 2016. Più volte ha espresso le sue considerazioni sulla morte e come affrontarla serenamente facendo credere di non dire cose originali e profonde, celiando su uno dei massimi problemi che l’essere umano si pone.

Difficile sicuramente per i non credenti, ma altrettanto «imbarazzante» anche per i credenti, i quali, pur ritenendo che ci sia un’altra vita dopo la morte, pensano che quella precedente sia talmente piacevole che pur desiderando fortemente quella ultraterrena, desiderano lasciarla il più tardi possibile. Il momento più difficile sia per il credente che per il non credente è proprio quello di rendersi conto che mentre si è in vita si è consapevoli che il momento successivo non si può più esserlo. Ad un immaginario discepolo che gli chiede come prepararsi alla morte, sull’esempio di Socrate, Eco dice che l’unico modo per affrontarla serenamente «è convincersi che tutti gli altri siano dei coglioni». Se, infatti, nell’attimo dell’imminente trapasso si pensa che chi resta al mondo si stia prodigando nella società e nelle istituzioni al bene comune, alla salvaguardia dell’ambiente e al miglioramento della vita stessa, la morte è cosa triste ed insopportabile, ma se invece si pensa che «il mondo (cinque miliardi esseri umani) sia pieno di coglioni, che coglioni siano quelli che stanno danzando in discoteca, coglioni gli scienziati che credono di aver risolto i misteri del cosmo, coglioni i politici che propongono la panacea per tutti i nostri mali, coglioni coloro che riempiono pagine e pagine di insulsi pettegolezzi marginali, coglioni i produttori suicidi che distruggono il pianeta», si è felici, soddisfatti e sollevati di abbandonare questa valle di coglioni. Convincersi, però che tutti i cinque miliardi di esseri umani siano dei coglioni, ci vuole tempo, fatica, studio, altrimenti è coglione lui stesso che lo pensa. Solo alla fine del percorso terreno, quando ci si accorge che la fine è prossima, si può pensare e capire che non tutti lo sono. La saggezza raggiunta con fatica e studio ci permette di discernere che le persone che amiamo e che ammiriamo non lo sono. «Quindi la grande arte consiste nello studiare poco per volta il pensiero universale, scrutare le vicende del costume, monitorizzare giorno per giorno i mass media, gli apoftegmi dei politici a ruota libera, i filosofemi dei critici apocalittici, gli aforismi degli eroi carismatici, studiando le teorie, le proposte, gli appelli, le immagini, le apparizioni». Solo alla fine di questo lungo e duro percorso, solo quando si è in grado di sapere e poter discernere, si è pronti a morire ed è bello morire. Vivere è stato solamente il percorso che ha portato al discernimento e alla morte.

(fonte: da LA BUSTINA DI MINERVA di Umberto Eco, l’Espresso 12 Giugno 1997 )

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