Coetaneo di Prince, quasi contemporaneamente, è scomparso una gloria della musica italiana, il cantautore Gianmaria Testa, conosciuto più dal vasto pubblico francese che da quello italico che ha cominciato ad apprezzarlo e ad amarlo soltanto dopo la vittoria della Targa Tenco, nel 2006, con il bellissimo album Da questa parte del mare in cui canta con stile asciutto, intenso, malinconico, poetico la vita degli ultimi, la tragedia epocale della migrazione attraverso deserti e mari di popoli verso quell’Occidente che, in tempi non lontani, ha provveduto, in nome della “civiltà”, a derubarli di ogni ricchezza e dignità.

Nato a Cavallermaggiore in provincia di Cuneo, nell’Ottobre del 1958, un male incurabile, imperdonabile, un tumore, a solo cinquantasette anni, stronca la sua carriera d’artista e lo strappa all’affetto dei cari e alla schiera di fan in continua crescita.

L’album è diventato un volume postumo[1] e il volume, in un’alchimia di parole, musica, poesia, ricordi, emozioni, riflessioni, il testamento spirituale del cantautore già ferroviere a Cuneo per desiderio della famiglia.

Lo scrittore Erri De Luca, nella sua prefazione, tesse le lodi in un accorato saluto di commiato di colui che ha ritenuto e ritiene amico e fratello. Ne evidenzia la biografia, la bravura di cantante, la grandezza di poeta e musicista, la statura di uomo umile, sempre disponibile, a fianco dei più deboli, degli sfruttati, dei migranti strappati al mare in cerca di nuova vita.

Egli è nato lontano dal mare, nell’entroterra piemontese, ma si riteneva appartenente «al vasto meridione del mondo», di quel «Mediterraneo» che comprende il vasto territorio «da Marsiglia al Cairo, da Istambul a Barcellona» ed «ha amato i pellegrini per vocazione e per forza maggiore», tutti, ugualmente.

Adesso è insieme alle centinaia di uomini, donne, bambini che l’acqua gelida di quel mare comune, “fratello” ha inghiottito e preserva dall’ingiustizia e ingordigia umana.



[1]              G. Testa, Da questa partedel mare, Enaudi, pp. 112

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