Parte 2.

Nei giorni attorno a ferragosto la polemica sui comportamenti dei giovani e sulle discoteche si è fatta rovente. I media hanno posto al centro della discussione sulle misure da adottare e da modificare i comportamenti dei giovani. Spesso additati come irresponsabili, focolai di infezione, incapaci di porsi dei limiti, portatori di una visione di onnipotenza e invulnerabilità.

«Mi preoccupa il senso di onnipotenza dei giovani». Così, in un’intervista, ha dichiarato Agostino Miozzo, medico e coordinatore del Comitato tecnico Scientifico. Non discuto certo la fondatezza delle sue preoccupazioni, semmai trovo un po’ tardiva questa uscita.  (Luca Ricolfi, ilmessaggero.it, 14/08/2020)

«Comportamenti meno adeguati e rispettosi dell’attenzione che richiede la situazione li vediamo nei più giovani – prosegue il ricercatore dell’Iss (Patrizio Pezzotti) – che dovrebbero capire che proteggere sé stessi significa proteggere i loro genitori, i loro nonni e l’1% degli amici che hanno comorbilità dal rischio di infettarsi».  Nessuna volontà di demonizzare la movida, la moda dell’aperitivo, le cene tra amici. La formula è divertimento responsabile, un po’ come nelle campagne sulla sicurezza stradale. (Luciana Matarese, huffingtonpost.it, 22/07/2020)

Gli oltre 600 contagi di ieri, la crescita costante dei numeri, i ragazzi ricoverati in condizioni severe spaventano il governo. Che ha deciso di non aspettare oltre. E, nella riunione con i governatori convocata dal ministro degli Affari regionali Francesco Boccia, ha concordato di vietare da domani i balli nelle discoteche e qualsiasi luogo dove si tengono serate danzanti, dalle sale da ballo ai lidi. (Alessandra Ziniti, repubblica.it, 16/08/2020)

«In queste settimane è venuta fuori tutta l’irresponsabilità del non aver adottato alcuna precauzione nonostante tutto quello che abbiamo passato dall’inizio di questa epidemia. Noi medici lanciamo un grido di rabbia e dico ai giovani: dovete avere responsabilità, divertitevi ma pensate che questo è un anno particolare in cui qualche sacrificio si deve fare.» E’ l’appello lanciato dal direttore generale dell’Azienda dei Colli di Napoli, Maurizio Di Mauro, in seguito all’incremento dei contagi che si sta registrando anche in Campania dovuto in particolare al rientro dalle vacanze dei giovani. (Redazione ANSA, ansa.it, 18/08/2020)

Si trovano in rete numerosi filmati e immagini che riprendono affollamenti sia nei luoghi della cosiddetta movida sia nelle discoteche e luoghi di ritrovo dei giovani, a sottolineare l’irresponsabilità dei giovani che appaiono incuranti del pericolo di contagio.

Tra coloro che hanno dichiarato come attività prevalente di essere studenti troviamo che le rispondenti femminili sono state 172 pari al 83%  rispetto ai maschi che sono stati 34 pari al 17%, suddivisione che rispecchia quella dei rispondenti complessivi: femmine 81,5% maschi 18,5%.

Auto-percezione emotiva

Abbiamo posto la seguente domanda:

Come sta vivendo il ritorno a modalità di vita meno vincolate dalle norme del lockdown (FASE 3)? Scelga tra i due estremi lo stato d’animo che si avvicina maggiormente alla sua percezione. Più si avvicina ad un estremo più è forte quella percezione.

Le risposte avute da studenti, lavoratori a tempo pieno, lavoratori a tempo parziale e pensionati sono state le seguenti: [1]

Nei dati è interessante notare che:

sono le  studentesse hanno la percezione di insicurezza/paura maggiore di tutte le altre categorie  (27,7%) come la percezione di irritazione (37,9%) la percezione di ansia (33,1%) e quella di sentirsi apatiche (32,0%). In alcuni casi la differenza è di diversi punti percentuali.

Per gli studenti le cose appaiono allo stesso modo a parte la percezione di irritazione che è superiore nei lavoratori maschi a tempo parziale ma che in ogni caso si colloca a livelli piuttosto alti (33,3%).

Tra gli studenti che hanno risposto al questionario vi è quindi un nutrito gruppo di ragazze e ragazzi che segnalano di stare subendo a livello emotivo dei notevoli contraccolpi e disagi  provocati da questa situazione. Molti più di quanto non siano segnalati dalle altre categorie indicate. Questi dati sono coerenti con la percezione diretta dei counselor e psicologi che si occupano del progetto di counseling e consultazione psicologica attivato dall’Università di Ferrara come supporto agli studenti in difficoltà. Diversi disagi che gli studenti che si sono rivolti al servizio segnalano sono da loro messi direttamente in relazione a questa situazione, in particolare segnalano aumento dell’ansia, la percezione di isolamento e solitudine, la perdita di motivazione  fino ad arrivare in alcuni casi  ad una perdita del senso di quello che si sta facendo: studiare per ottenere una laurea.

Immagini ed emozioni

Siamo quotidianamente bombardati da immagini. Anche nella comunicazione sui social si usano molte immagini e filmati come i cosiddetti emoticon con cui riempiamo le nostre sintetiche comunicazioni scritte. Le immagini hanno un impatto sugli aspetti emotivi molto maggiore rispetto alle parole. Ci sono immagini famose che hanno modificato sostanzialmente la percezione di determinate situazioni. Questo è un esempio molto famoso.

«Kim Phúc, una bambina di 9 anni che viveva a Trang Bang con la sua famiglia, si riparava da tre giorni nel

tempio Cao Dai (una religione monoteista diffusa in Vietnam e fondata negli anni Venti del Novecento) quando le bombe al napalm cominciarono a cadere sulla costruzione. Il fotografo dell’Associated Press Huynh Cong “Nick” Ut scattò l’immagine dei bambini che correvano lungo la Route 1, vicino a soldati sudvietnamiti della 25esima divisione. La foto venne pubblicata nei giorni successivi in molti dei principali quotidiani statunitensi – in prima pagina sul New York Times del 9 giugno, con il bordo destro tagliato, in cui c’era un fotografo – e fece molta impressione nell’opinione pubblica».  ( Storia di una foto dal Vietnam, ilpost.it, 8/06/2012 )

Per rimanere nel tema del lockdown abbiamo sicuramente l’immagine dell’infermiere stremato che riesce a descrivere molto meglio delle parole la situazione degli ospedali e degli operatori sanitari nei giorni della massima diffusione della pandemia.

Per questo motivo abbiamo proposto cinque immagini chiedendo di indicare che tipo di emozioni quelle immagini evocavano – rabbia, tristezza, simpatia, gioia – e con quale intensità – per niente,  poco, abbastanza, molto, tantissimo – a questi abbiamo assegnato nell’elaborazione valori numerici da 0 – per niente – a 4 – tantissimo.

La prima immagine raffigura la piattaforma di accesso ai vagoni della metropolitana affollata da persone con la mascherina. Questa immagini può esprimere sia sentimenti positivi per la constatazione che la vita riprende nella fase tre del Lockdown, sia sentimenti negativi relativi al timore di contagio, all’assembramento di molte persone nei mezzi pubblici, alla constatazione che ancora non si è usciti, all’epoca del questionario, dalla situazione di emergenza sanitaria.

Gli studenti che hanno risposto al questionario si sono espressi segnalando una significativa componente di rabbia 27,8% e di tristezza 44,8% esprimendo quindi sentimenti di disagio rispetto alla situazione. Significativa la presenza di rabbia, ma quello che colpisce è la notevole percentuale di studenti che hanno segnalato la tristezza. In quel periodo con lezioni a distanza, esami a distanza e poche possibilità di interagire in presenza con professori e compagni di studio hanno condizionato la loro percezione facendo emergere la tristezza. Percentuali minori hanno colto le opportunità di positiva evoluzione trasmesse all’immagine rispetto alle fasi precedenti: il ritorno ad una parziale normalità della vita. Non si evidenziano particolari differenziazioni di genere.

La seconda immagine raffigura due ragazze al mare, sdraiate al sole, che indossano le mascherine. Anche in questo caso è possibile cogliere dall’immagine il piacere del ritorno in spiaggia, per lungo tempo proibito a causa del lockdown, e del sole che può nuovamente accarezzare la pelle.

L’immagine può far riaffiorare i momenti belli trascorsi con le amiche e gli amici, i primi amori magari o semplicemente la voglia di evadere dalla città, dallo studio e dalla monotonia quotidiana. Oppure notare soprattutto  quelle mascherine come la continuazione di un disagio e del timore del contagio, leggere la loro invadenza anche in posti che erano da sempre collegati alla tranquillità e al divertimento, come se in qualche modo inquinassero anche i ricordi, i pensieri e forse addirittura i sogni. Anche in questo caso gli studenti evidenziano una componente importante di rabbia (26,0%) e di tristezza (40,5%)

La terza immagine affigura uno a fianco all’altra un ragazzo e una ragazza  con la mascherina davanti agli schermi del pc.

Potrebbero essere al lavoro o in una sala studio o in biblioteca. Anche in questo caso si può cogliere la dicotomia della rappresentazione tra il ritorno alla normalità, la ripresa delle attività svolte assieme, in presenza e non solo a distanza, il recupero delle attività importanti anche per il nostro benessere come il lavoro e lo studio. Dall’altra è possibile che possano emergere pensieri legati al fastidio di usare la mascherina per lunghi periodi, ai rischi che si corrono in ambienti chiusi vicino ad altre persone, la preoccupazione di una situazione che dura da troppo tempo e sembra non dover finire più. Rabbia e tristezza sono ancora i sentimenti prevalenti dagli studenti: rispettivamente il 25,6% e il 47,6%.

La quarta immagine rappresenta un gruppo di operatori sanitari con camici, tute e mascherine, attorno ad una persona anziana. Gli operatori e l’anziano mostrano dei fogli da stampante bianchi  con la scritta a pennarello «Covid  sconfitto a 93 anni». Forte è il richiamo al famoso slogan utilizzato nel periodo del lockdown “Andrà tutto bene” e sembrano voler proporre un messaggio di fiducia e di speranza. Dall’altra non può essere evitato che l’immagine riporti  alla mente il ricordo dei giorni più difficili della pandemia, alle immagini di operatori sanitari stremati e ospedali incapaci di ricevere nuovi contagiati. Questa volta prevalgono nettamente  sentimenti di gioia 45,3%  e di simpatia  35,2%. Forse per un innato senso di empatia per la persona anziana o contagiati dai sorrisi intuiti dietro le mascherine e dalla gioia e orgoglio che si può immaginare in quei lavoratori che dopo settimane difficilissime posso finalmente mostrare il risultato di una importante battaglia vinta.

L’ultima immagine rappresenta un gruppo di ragazzi e ragazze, tutti con il volto coperto dalla mascherina, seduti al tavolo di un bar che alzano i bicchieri dell’aperitivo verso il fotografo in un gesto di festa.

La dicotomia dell’immagine riguarda la possibilità di partecipare emotivamente ad un momento di svago e serenità di quei ragazzi che forse brindano alla ritrovata libertà di potersi incontrare, sedersi ad un tavolo del bar e raccontarsi le proprie esperienze e sentimenti di fronte e di fianco uno all’altro. Dall’altra la possibilità che l’immagine faccia scattare i timori per un atteggiamento poco responsabile verso i rischi di possibili contagi, che già al momento in cui sono state raccolte le risposte veniva più volte evidenziato sia dalla stampa che dai dibattiti televisivi. In questo caso pur prevalendo le risposte di gioia 29,6% e simpatia 27,7% abbiamo una distribuzione più piatta tra i quattro sentimenti.

Notiamo quindi che tra gli studenti che hanno risposto al questionario sentimenti di rabbia e tristezza sono presenti in una significativa percentuale e ci segnalano, come luci lampeggianti o campanelli di allarme, che essere arrivati alla fase tre non ha certamente cancellato i vissuti e i ricordi collegati ai disagi delle fasi precedenti,

Timori e preoccupazioni degli studenti che hanno risposto

Abbiamo chiesto quali fossero le situazioni che in questa fase  stanno creando disagio, difficoltà o comunque in qualche modo  stanno provocando stress?

Come era prevedibile, viste ancora tutte le incertezze che riguardano come si svolgeranno in futuro esami e lezioni, è l’università quella che produce maggiori difficoltà e causa stress nei rispondenti studenti per l’ 82,0%

Altri aspetti significativi per quasi la metà degli studenti  sono l’insicurezza economica 49,0%, probabilmente relativa alla situazione famigliare e il timore di essere contagiati 46,6%, connesso con lo stress provocato dall’incontro con sconosciuti 39,8%.

In che modo affrontano questi timori

Ogni persona di fronte ad eventi stressanti reagisce cercando di farvi fronte con varie modalità. Queste modalità di reazione agli eventi stressanti sono state definite strategie di coping. Le strategie di coping sono state descritte in vari modi a dimostrazione che le persone hanno molte diverse risorse per far fronte alle difficoltà. In generale le risposte di coping comprendono sia tutte le decisioni e le azioni che la persona adotta per far fronte alla situazione stressante, sia le emozioni a esse connesse. La maggior parte degli studi indica che le strategie di coping svolgono due funzioni principali:

1)      ridurre il rischio di conseguenze dannose potenzialmente provocate da una situazione stressante (coping focalizzato sul problema)

2)      contenere le reazioni emozionali negative (coping focalizzato sulle emozioni).

Il primo tipo di coping si esprime attraverso due modalità prevalenti:  comportamenti orientati a risolvere il problema e modalità di  pianificazione di azioni future.

Il secondo tipo di coping si esprime attraverso strategie di allontanamento dall’evento stressante come negarne l’esistenza o distrarsi per non pensare all’evento,  strategie volte all’autocontrollo per non farsi trascinare dalle emozioni che l’evento provoca alla persona, ritenersi o meno responsabili di quanto sta succedendo, ridefinire l’evento stressante in modo positivo per esempio riconoscendo che ad ogni cambiamento si aprono possibilità nuove. In relazione all’influenza di genere nelle strategie di coping utilizzate scrivono  Claudio Sica e altri:

Tradizionalmente le strategie centrate sulle emozioni sono state attribuite con più frequenza alle donne, mentre è stato rilevato che gli uomini utilizzano strategie centrate sulla soluzione del problema, negazione e utilizzo di alcol e droga in misura maggiore delle donne. In realtà questi risultati vengono considerati come frutto di un artefatto. La differenza di genere nell’adozione delle strategie di coping viene attribuita da diversi autori come il risultato delle differenze nelle situazioni stressanti affrontate dagli uomini e dalle donne. Le donne, infatti, affronterebbero maggiormente situazioni stressanti associate alla famiglia e alla salute, mentre gli uomini, situazioni più legate al lavoro e alla situazione economica. Occorre, comunque sottolineare che, parallelamente ai cambiamenti nei ruoli di genere, si stanno appianando anche le differenze nelle strategie di coping utilizzate.[2]

Sirigatti e Stefanile riportano che negli anni ‘90 emerge con forza la posizione che propone le due modalità di coping usuali, rivolte alla soluzione del problema e/o alla gestione emozionale una terza modalità rivolta all’evitamento. Inoltre viene messa in discussione l’ipotesi che le strategie di coping dipendano fondamentalmente dal contesto sostenendo al contrario che siano influenzate da alcuni tratti individuali. Per comprendere in quali modi i rispondenti hanno fatto fronte alle difficoltà incontrate e allo stress da queste provocato abbiamo pensato di utilizzare ventiquattro item dei trentasei previsti nel Coping Inventory for Stressful Situation (CISS) nella versione italiana[3] , chiedendo quanto spesso  adottavano i comportamenti descritti – mai, quasi mai, qualche volta, spesso, sempre. Abbiamo valorizzato le risposte da mai = 0 a sempre = 4.  In tabella e grafico i risultati in percentuale sul totale massimo potenziale (Tmax=numero rispondenti per valore massimo)

Come prima riflessione possiamo verificare quanto il genere appaia influente nelle scelte degli studenti rispondente e se le differenze risultino marcate solo su alcuni comportamenti che hanno una connotazione di genere, ad esempio “Vado in giro a guardare le vetrine”.

In effetti ”Vado in giro a guardare le vetrine” presenta uno scostamento del 6,6% a favore delle femmine. Oltre a questo notiamo scostamenti analoghi in “Definisco le mie priorità” del 6,4%, “Divento molto irascibile” del 7,8%, “Me la prendo con gli altri” del 5,8%. Gli scostamenti maggiori li ritroviamo in “Vado in collera” 11,0%, “Vado a Passeggiare /Correre” del 14,0%, che in alcuni casi sembrano confermare gli stereotipi di genere.

Gli scostamenti maggiori a favore dei maschi sono “Incolpo me stesso perché rimando le cose” del 4,8%, “Mi compro qualcosa” del 5,2%, “Vado ad una festa” del 5,2% che sembrano contraddire gli stereotipi di genere.

Aggregando i comportamenti per le tre modalità di coping: orientato al problema(T), orientato alle emozioni (E), orientato all’evitamento (A), otteniamo i risultati seguenti. Rileviamo una maggior incidenza

femminile nelle modalità Evitamento (A) e in quella Emozione (E) e una sostanziale uguaglianza di genere nella modalità Manovra (T). Senza voler fare generalizzazioni forzate possiamo però affermare che la modalità manovra, orientata all’affrontamento, a comprendere e agire per modificare lo stato delle cose ove sia possibile, ottiene una significativa preferenza ed è piuttosto condivisa la visione che la modalità manovra offra notevoli vantaggi nell’affrontare le situazioni stressanti, ed entrambi i generi degli studenti rispondenti hanno dato una netta preferenza a tale modalità. Ma probabilmente l’utilizzo integrato delle diverse modalità permette di fronteggiare le situazioni stressanti con il maggior vantaggio.

Verso la conclusione

Da segnalare che il 14,5% degli studenti svolgono attività di volontariato contro il 20,3% dei rimanenti rispondenti.

Il dato non deve essere interpretato negativamente in quanto è noto che le attività di volontariato sono significativamente influenzate dall’età come si evince dalla tabella a fianco che confronta le fasce di età dei rispondenti con quanti dichiarano di svolgere attività di volontariato. Gli studenti rispondenti sono nella media dei rispondenti con età paragonabile alla loro.

Non a tutti gli studenti che hanno risposto il futuro appare roseo: per il 35,4% dopo questo periodo le cose andranno peggio o molto peggio, per il 35,4% le cose continueranno ad andare allo stesso modo, per 29,1% le cose andranno meglio o molto meglio.

Gli studenti che hanno voluto lasciare una nota sono 36. Riportiamo di seguito le loro considerazioni.

A volte,mi sembra ancora surreale. Quando è uscito il primo Dpcm che dichiarava la chiusura totale sono rimasta spiazzata. Solo lì mi sono resa conto della gravità della situazione. Mai mi sarei aspettata un numero di decessi giornaliero così alto. Mai mi sarei aspettata una situazione simile. Ascoltavo sempre il telegiornale per seguire il più possibile l’andamento della pandemia e tenermi il più informata possibile. Mi si formava un nodo nello stomaco ogni sera. Ho passato brutti momenti con umori altalenanti, più del solito. Mi sentivo in gabbia, ma capivo la situazione e che era giusto così. A metà aprile ho avvertito il primo desiderio di voler uscire, anche solo per salutare il mio fidanzato o i miei nonni. Ora invece, sembra che questo desiderio di uscire sia sparito…Ho paura, ma sto cercando di affrontare la situazione.

Bisognava che ci fosse una pandemia per svegliare le università e farò capire che si possono offrire tutte le lezioni online? Speriamo di continuare in questo modo Inoltre credo che l’economia andrà male subito ma poi migliorerà come sempre.

Credo che tutta questa situazione abbia distrutto qualsiasi cosa. Le persone sono diventate emotivamente ancora più instabili rispetto a prima del lockdown e il livello di stress è aumentato a dismisura per i problemi di tipo economico e sociale che si son creati. Il non lavorare, non guadagnare, non potersi divertire come prima, non poter svolgere la stessa routine che si aveva un tempo, ha completamente destabilizzato tutto, partendo dal fatto che si debba tenere la mascherina che ci dimezza il fiato e ci fa ossigenare troppo poco, fino al fatto che non si possa più pensare di trovarsi in un locale pieno di gente e conoscere gente nuova.

Durante la quarantena ho notato un aumento della cattiveria nelle persone

È stato come se potessi finalmente capire come si sente un uccellino in gabbia.

Essendo abituato a stare solo a casa e a tenermi in contatto con gli altri via social, avverto i disagi dovuti al lockdown principalmente quelle poche volte che esco di casa

Guardare meno le notizie mi ha aiutato.

Il training autogeno insegnatomi precedentemente dalla mia psicologa mi ha salvato dall’impazzire e a gestire la mia ipocondria. Essere tornata a casa è stato salvifico. Non sarei riuscita a vivere il lockdown da sola.

Ho avuto una grande paura di rimanere sola e non essere ascoltata. Nonostante la mia forza di riuscire ad andare avanti mi sono trovata di fronte a un grande scoglio e per un po’ ho avuto timore di affondare senza riuscire a tirare fuori la mia voce.

Ho la brutta sensazione che, ancora una volta le cose non cambieranno, almeno per noi giovani. Temo per il nostro futuro. Sembra che la generazione dei nostri padri e delle nostre madri, cerchino sempre e comunque di tagliarci le gambe.

Ho notato che le regole del distanziamento sociale non vengono rispettate in questa fase.

Ho vissuto un periodo difficile perché tutta la famiglia del mio ragazzo è stata in ospedale, mio ragazzo compreso. Un nonno è morto e l’altra sta male. Non potergli stare accanto e sentirsi inutili e impotenti è stato davvero terribile

Il mondo è cambiato e noi dobbiamo cambiare,  forse penso  che tutto questo forse a qualcosa è servito.  Spero che le cose cambieranno.

Il ricordo principale, che ovviamente mette tristezza, era vedere le strade deserte mentre andavo al lavoro.

Il sistema universitario ha reagito in ritardo e la risposta non è stata per niente soddisfacente (riguardo la didattica a distanza): l’organizzazione ha lasciato molto a desiderare. Posso capire il disagio, ma noi studenti abbiamo provato lo stesso e molti professori non ci sono per niente venuti incontro, anzi.

La maggioranza delle persone con cui ho avuto modo di discutere non crede nell’esistenza del nuovo virus e di conseguenza i loro comportamenti non sono in linea con ciò che ci viene suggerito.

La maggiore difficoltà che ho riscontrato non è stata la gestione della mia sola vita quotidiana ma quella dei miei figli.  Essendo molte le preoccupazioni e pesante la lontananza dalla famiglia (le famiglie sia mia che del mio compagno sono in un’altra regione) è stato complicato cercare di far trasparire la serietà della situazione senza però trasmettere troppa ansia ai bambini. Ci siamo riusciti solo in parte poichè hanno avuto qualche problema nella gestione delle ore di sonno e qualche crisi di tristezza per la mancanza dei nonni. Nel complesso però siamo riusciti a mantenere un equilibrio anche se per molte famiglie purtroppo le cose sono andate diversamente.

La quarantena per me non è stata così dura da affrontare poiché sono sempre stata una persona che passava molto tempo in casa, senza avere magari frequenti rapporti sociali.

Lavoravo in un doposcuola. Ho perso il lavoro a causa della chiusura conseguente al covid-19 e ciò mi ha provocato un po’ di disorientamento all’inizio della quarantena. Mi sono adoperata per studiare il più possibile vista la grande quantità di tempo a disposizione. Al momento ho trovato un altro lavoro. L’aver usato il tempo del lockdown per studiare mi è tornato vantaggioso, anche se ho sentito il disagio economico di non aver lavorato in questi mesi.

Le diverse fasi sono state vissute in maniera del tutto differente. Sono passata dall’avere una vita frenetica e stimolante al ripararmi (dopo aver perso il lavoro e vita sociale) nello studio. Ho focalizzato tutte le mie energie positive concentrata e isolata (forse troppo). Ora la fase tre la vivo vicino/lontano i miei cari nella mia terra natia. L’aria qui, la percepisco diversa, si è decisamente ridotto lo stato ansioso, non mi sento più “chiusa” dentro e fuori ma resto ugualmente spesso a casa invitando conoscenti e parenti stretti. Mi impongo che tutto andrà bene ma mi preoccupo spesso per i miei cari.

Le persone, soprattutto i ragazzi, non si rendono conto della pericolosità di questa situazione e cosa comporterebbe il sempre uscire in grandi gruppi di amici e fare assembramento in luoghi pubblici; un esempio è Piazza Ariostea in tarda serata o Piazzetta Verdi (Ferrara).

Non è il covid a preoccuparmi, ma la nostra classe politica profondamente inadeguata e miope e l’elettorato sempre più affascinato da statalismo e autoritarismo.

Non è stato facile vivere chiusa in casa per circa 3 mesi. E spero di non doverlo rivivere per colpa degli incoscienti che vivono la vita, ora come ora, come se nulla fosse successo non rispettando le regole imposte per una nostra salvaguardia, non solo personale, ma anche collettiva. Il futuro è di tutti noi e speriamo di arrivarci più forti di prima.

Osservazione: i genitori stressati e spaventati (e altri che si sentono in diritto di parlare di scuola) non dovrebbero fare ricadere sui figli le loro ansie e preoccupazioni. I genitori dovrebbero sapersi comportare a modo. Inoltre, lamentarsi delle soluzioni per la scuola dei più giovani non contribuisce a risolvere il problema, e se non vengono proposte soluzioni insieme a queste lamentele bisognerebbe proprio tacere! Ci vuole altra educazione, perché gli adulti spesso dimenticano cos’è! Genitori che scrivono di quanto i bambini necessitino di questo e quello, quando in realtà loro si adattano meglio di noi adulti! Genitori paurosi cresceranno figli insicuri!

Parlo da studentessa prossima alla laurea. Quello che mi pesa maggiormente in questo periodo è la crisi economica che il nostro paese sta affrontando, e questo mi rende molto insicura sul mio futuro lavorativo. Purtroppo, saranno conseguenze che cadranno su noi giovani.

Penso che le persone stiano capendo quali siano per loro le vere priorità in termini di interessi, rapporti e vita quotidiana. Ciò che prima davano per scontato rivelatosi essenziale

Per quanto riguarda la fase 3, essendo studente ho la sensazione palpabile che tutti siano tornati alla propria vita regolare mentre io con le biblioteche chiuse sono costretto a rimanere in casa sempre nella stessa stanza; prima ero solito andare in biblioteca in modo da poter separare la vita quotidiana (relazioni e svago) da quella universitaria ora mi è impossibile. Il fatto di non poter dividere la mia vita e i miei spazi ha prodotto un drastico calo della mia soglia di attenzione e nel mio rendimento (all’inizio della quarantena riuscivo a studiare per tutto il pomeriggio, poi settimana dopo settimana è scemato sempre più),sto sviluppando un vago senso di apatia.

Questo periodo mi sono trovata a discutere in famiglia su cosa fosse peggiore: crisi del sistema sanitario o crisi economica. Gestire un’emergenza sanitaria nuova di questa portata deve essere stato difficile e lo sarà anche in futuro perché non si conosce ancora una precisa evoluzione e sarà importante riuscire a evitare entrambe queste due situazioni potenzialmente disastrose. È vero che senza lavoro e senza soldi non si vive, ma come si può vivere e lavorare senza salute?

Se può servire/interessare Durante i mesi di quarantena i problemi legati alla disforia sono drasticamente peggiorati, come anche attacchi d’ansia e di panico. La salute mentale è peggiorata in maniera decisamente più drastica rispetto a quella fisica.

Si è osservato e detto tanto in questi mesi, sia di quarantena che durante la ripresa. Però vedere la classe politica litigare come bambini senza aiutare a trovare delle soluzioni è una cosa penosa… in più, giovani e non che non osservano minimamente le regole, perché mal informati o menefreghisti, fa capire quanto serve che venga fatto più lavoro nel informare.

Si salvi chi può

Sono ancora molto spaventata per il contagio, temo di poter essere asintomatica e contagiare involontariamente i miei cari, nonostante stia cercando di mantenere le distanze.

Sono stati mesi difficili e lo saranno anche i prossimi, ma grazie all’Amore della mia famiglia e delle persone a me più care sono riuscita a vivere più serenamente tutti gli imprevisti e l’instabilità che il Virus ha portato con sé. Vi ringrazio molto per questa occasione, rispondere alle domande mi è servito per riflettere su me stessa e su questo periodo.

Sono stati mesi difficili, mi hanno cambiato nel profondo e vivo la vita cogliendo ogni cosa della giornata. Spero che sia stato di lezione a molte altre persone. Abbiamo un’enorme fortuna, dobbiamo salvaguardare il mondo e noi stessi.

Trovo che il lato positivo di questo lockdown sia stato il rallentamento dei ritmi frenetici della quotidianità, quello che mi spaventa per i prossimi mesi è il ritorno alle “corse” di tutti i giorni dove bisogna organizzare studio, lavoro, cura della casa e della famiglia, attività extra (sport, hobby,…).

Una precisazione è che mia nonna è venuta a mancare pochi giorni prima della quarantena forzata di tutta Italia, quindi si suppone non sia morta di Covid, ma vecchiaia data la sua età. è stato un periodo fortemente destabilizzante e mai come ora ne sto sentendo le conseguenze a livello psicologico. Ho avuto incubi tutti questi mesi e tutt’ora continuo ad averne, insieme ad attacchi di panico notturni. Ho scelto infatti di farmi supportare da una psicologa. Mi ritengo fortunata per aver avuto i miei genitori in questo periodo, anche se tante volte avrei preferito isolarmi dal mondo intero e smettere di sentire notizie al telegiornale o riportate da amici sui social, unica forma di svago ammissibile quando non si poteva uscire dalla propria casa. Mi infastidiscono tantissimo quelle persone che ora si comportano come se non ci fosse più alcun pericolo in circolazione.

Una situazione surreale che nessuno era pronto ad affrontare, durante la quale si alternavano innumerevoli stati d’animo, anche agli antipodi. Nonostante questo, è stato un periodo di grande crescita personale, in cui ho ristabilito le mie priorità.

Voglio essere speranzoso, ma se il cambiamento è forzato e imposto da una causa maggiore, il suo effetto sarà positivo solo su chi ha percepito la necessità di totale riforma che tale situazione ci ha mostrato.


[1] La risposta era su una scala da 1 a 7 collocando agli estremi le due sensazioni contrapposte, per esempio spaventato verso sicuro. Più ci si avvicina ad un estremo più si riteneva forte la percezione di quella sensazione. Per appresentare questo si è scelto di ponderare le risposte, tralasciando il valore da uno a sette, ma moltiplicando il il conteggio delle risposte sui valori estrem:i 7-1 per tre, 6-2 per due, 5-3 per uno e 4 per zero.

[2] C. Sica e altri, Coping Orientation to Problems Experienced-Nuova Versione Italiana (COPE-NVI): uno strumento per la misura degli stili di coping, Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale – Vol. 14 – n. 1 • Edizioni Erikson, Trento, 2008 (pp. 27-53), p.30-31

[3] Sirigatti S., & Stefanile, C. (2009). CISS – Coping Inventory for Stressful Situation. Stanrdizzazione e validazione italiana. Firenze: Giunti O.S. Organizzazioni Speciali.

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