Sognai di percorrere le strade deserte del quartiere alla ricerca di Blanca sotto il temporale. La pioggia nera crivellava le facciate e il bagliore dei lampi lasciava intravedere delle sagome in lontananza. Una grande carrozza nera si trascinava fra la nebbia. Blanca era al suo interno e urlava battendo sui vetri con i pugni. Seguii le sue urla fino a una strada stretta e tenebrosa, dove scorsi la carrozza che si fermava davanti a una grande casa buia che si torceva in un torrione che pugnalava il cielo. Blanca scendeva dalla carrozza e mi guardava, allungando le mani verso di me in un gesto di supplica. Io volevo correre da lei, ma i miei passi mi permettevano a stento di guadagnare qualche metro. Era allora che l’enorme sagoma scura compariva sulla porta della casa, un grande angelo con un volto di marmo che mi guardava e sorrideva come un lupo, dispiegando le sue ali nere sopra Blanca e avvolgendola nel loro abbraccio. Io gridavo, ma un silenzio assoluto era calato sulla città. In un istante infinito la pioggia rimase sospesa in aria, un milione di lacrime di cristallo che galleggiavano nel vuoto, e vidi l’angelo baciarla sulla fronte, mentre le sue labbra le marchiavano la pelle come un ferro rovente. Quando la pioggia sfiorò il suolo, erano entrambi scomparsi per sempre” (Zafòn, 2020).

“La città di vapore” esce postumo, testamento di un autore, Carlos Ruiz Zafòn, che ha saputo pennellare la vita sopra un pezzo di carta. Poco importa chi siano i protagonisti di questo racconto. Si chiamano Blanca e David Martin, ma potrebbero essere Francesco e Maria, Giulia e Michele, così come chiunque di noi.

Chiunque di noi che abbia vissuto l’esperienza dell’amore autentico, quello in cui i confini tra gioia e dolore, tra vita e morte divengono sempre più sfumati, per lasciare il posto ad una sensazione di fusione empatica, in cui si possono percepire i sentimenti e le emozioni dell’uno e dell’altra.

I romanzi di Zafòn sono un viaggio nei cimiteri dell’anima, popolati non solo di libri e di persone, ma popolati di monumenti ai ricordi, ad un tempo e ad uno spazio che non sono più, ma di cui il cuore conserva una perpetua nostalgia.

Quella stessa nostalgia che si prova pensando ad una vita conclusa troppo in fretta, quella dell’autore, proprio mentre il suo genio poteva donare ancora molto all’umanità. L’angelo della morte che ha serrato Blanca tra le sue braccia, strappandola ad un David Martin incredulo e dilaniato dal dolore, questa volta ha preso proprio lui.

I romanzi di Zafòn non hanno inizio e non hanno fine, un po’ come la vita. I suoi scritti tornano e ritornano sugli stessi personaggi e sulle loro storie, fotografia di una vita che ormai abbiamo imparato a conoscere troppo bene. Le storie si incontrano, si scontrano, confluiscono l’una nell’altra, si separano, poi si ricongiungono.

La bellezza estrema è data da una morte che non separa mai del tutto. È un dato di fatto. Accade.  Ma la vita di ciascuno continua a condizionare quella di chi resta, a tramandare una volontà, un monito, una speranza. E così chiunque è morto continua a vivere, cullato dalla certezza di un amore eterno, che sopravvive alla morte stessa.

Anche tu vivi Carlos Ruiz. Dietro il vapore della notte che inghiotte la Rambla. Dentro ai libri della libreria di Calle Santa Ana. Sulla vista panoramica di Montjuic. Vivi.

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