Regia: Abbas Kiarostami

Genere: Metafora

Interpreti: Abdol-Hossein Bagheri, Afshin Khorshid Bakhtar, Homayoon Ershadi, Safari-Ali Moradi, Seyyed-Hossein Noori

Origine: Iran, Francia

Anno: 1997

Trama: Badii, con la sua automobile, vaga nelle strade polverose di un villaggio iraniano alla ricerca di qualcuno a cui affidare un compito particolare: se si fosse suicidato, avrebbe dovuto coprire con la terra la tomba che Badii stesso si è scavato, o al contrario, nel caso rinunciasse ad ammazzarsi, avrebbe dovuto riaccompagnarlo a casa. A questa proposta un giovane soldato curdo scappa terrorizzato, un seminarista afgano cerca invano di dissuaderlo, mentre un signore anziano lo segue e, attraverso il racconto delle  bellezze  della vita,  riesce a  farlo desistere e a fargli ripensare il suo gesto estremo.

Recensione: Il film, vincitore della palma d’oro a Cannes, sceglie di affrontare un tema difficile e controverso come il suicidio. All’inizio del film ne conosciamo il protagonista: un uomo sulla quarantina, apparentemente benestante, che guida la sua auto in cerca di qualcuno o di qualcosa, attraversando la periferia di Teheran. Solo dopo un certo lasso di tempo, apprendiamo che egli sta in qualche modo organizzando la sua morte e cerca qualcuno disposto a seppellirlo una volta che per lui sarà finita davvero. Solo adesso si entra nel cuore del film e ci si inizia ad inoltrare nello scabroso sentiero tracciato dal regista: egli ci conduce alla scoperta delle reazioni degli “altri” difronte alla negazione della vita. Sono tre i personaggi che interagiranno con il protagonista e che si comporteranno in modo diverso dinanzi alle sue insolite richieste. La paura assalirà un giovane soldato, il desiderio di dissuadere da quel gesto in nome di Dio animerà un religioso, la vera saggezza sarà incarnata da un anziano signore, il quale ha tentato in giovinezza di togliersi la vita me è stato salvato dalla dolcezza un albero di gelso. E’ proprio quest’ultimo personaggio ad alludere al sapore della ciligia, alla luna nel cielo, al mutare delle stagioni, nel disperato tentativo di infondere un po’ di speranza nell’animo del protagonista. Il film si conclude con un finale aperto e con un richiamo alla “realtà della finzione” attraverso un magnifico pezzo di cinema nel cinema. Da un punto di vista stilistico il cinema di Kiarostami è stato più volte accostato ai neorealisti per la sua essenzialità e per la sua purezza. Il sapore di ciliegia non fa eccezione: la semplicità e l’ idea di reale (eccetto che negli ultimi 3 minuti il film non ha alcuna colonna sonora musicale) si sposa, tuttavia, ad una grande padronanza delle tecniche cinematografiche.

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