Bussola ci narra venti storie e, in ogni racconto, ci fa conoscere un animo femminile: cosa sente, cosa prova, cosa pensa, cosa desidera e cosa fa soffrire la donna di oggi?  Più o meno consapevolmente, i personaggi dei vari racconti si conoscono, le loro vite si intrecciano, si perdono, per poi, magari, ritrovarsi in “non-luoghi”, come un supermercato, il parcheggio di un ospedale, il reparto di oncologia, un bar. L’anonimato di questi posti fa spiccare le personalità femminili che, dopo qualche ritrosia, narrano di sé, di perdite, lutti e sofferenze, rendendo il dolore più sopportabile, quasi addomesticandolo. Così sono capaci di rialzarsi dalle loro traversie e, avendo costituito senza rendersene conto, una comunità, possono migliorarsi e migliorare la vita delle altre. Ne fanno parte anche Sara, Aika e Marika, legate dalla perdita dello stesso uomo, di cui non sappiamo il nome, ma solo il legame affettivo: è il marito di Sara, Aika è la loro figlia e per Marika è l’Uomo che amava e dal quale sta aspettando un figlio.

Sara pensava di essere felice -un buon marito, una brava figlia, un bel lavoro e una bella casa- ma all’improvviso lo stravolgimento, assieme alla morte di lui arriva la scoperta della sua relazione con un’altra donna. Nella lettera rivolta al marito, la rabbia prende il sopravvento sul dolore, “Mi piacerebbe averti ancora qui per urlartelo in faccia (…). Hai macchiato il dolore col rancore. Hai sporcato il nostro amore con la tua viltà.”. Sara ha, però, il greve compito di fare in modo che alla figlia rimanga un buon ricordo del padre ed è così che la donna sceglierà di tracciarne un ritratto positivo, assecondando il suo vissuto. Anche lei, da bambina, aveva perso il padre ma la madre era stata in grado di farle sentire quotidianamente, con piccoli e grandi gesti, la sua presenza, rinforzando in lei un attaccamento sicuro ed è ciò che ora Sara vorrebbe per Aika. Continuando nella lettura, non possiamo non notare come cambino i toni, più pacati e dolci quelli diretti a Marika: in realtà, ora, la lettera ci sembra scritta essenzialmente per lei. Dopo cinque mesi, Sara ha quietato l’ira verso la donna, anzi è diventata empatica, pronta a conoscerla e, magari, a costruire una buona relazione con lei, il figlio che nascerà e Aika.

E questa si rivela la scelta giusta!  Aika è entusiasta “Mamma ha detto che aspettiamo un fratellino. (…) I fratellini (…) fanno tornare il papà”. Quando non pensa a lui, volge lo sguardo al padre morto e cerca risposte che spieghino la sua dipartita. Spera che, alla nascita, il papà torni: alla sua età è cognitivamente impossibile comprendere l’idea di un finito e di non rivedere mai più qualcuno o qualcosa.

Marika è giovane, 24 anni, receptionist all’ospedale, temperamento narcisista ed insicuro. Nel legame affettivo con l’Uomo, conosciamo Marika come la Ragazza che frequenta una persona più grande, in carriera e con una costosa BMW, l’Uomo si presenta come l’amante che ha già esaurito il desiderio e che rimpiange di essersi accompagnato ad una ragazzina e lo dirà a lei proprio la sera dell’incidente in cui perderà la vita. Le comunicherà la decisione di voler porre termine alla loro relazione, trasformando la gioia inespressa di Marika di essere incinta, in rabbia vendicativa “Poi lei solleva la testa. Ha lo sguardo più cattivo che lui ricordi, lo fissa e gli dice: -Sei solo un vecchio, -con la voce carica di disprezzo. (…) La Donna si volta, e con voce sprezzante grida: -Mi fai pena!”. L’Uomo, a queste parole, ritorna un Ragazzo irresponsabile e non saprà mai che Marika porta in grembo una figlia sua.” Da una morte, che poteva distruggere o indebolire le vite di Sara, Aika e Marika, nasce e potrà svilupparsi una nuova e inconsueta famiglia, affidabile, solida e, soprattutto, sincera.

Il libro narra storie comuni, come quella di Sara, di donne di tutte le età, di diversa estrazione sociale e condizione economica, analizzate con tutte le loro fragilità, aspettative, desideri ed errori commessi e che, nonostante tutto, trovano il coraggio di sfidare i pregiudizi e i limiti imposti dall’esterno verso il genere femminile lottando per ritrovare la propria autenticità, come il rosmarino che, sfidando il gelo dell’inverno, rinasce rigoglioso e vitale in primavera.

Ilaria Bignotti, psicologa

Bussola M., “Il rosmarino non capisce l’inverno”, ed. Einaudi, Torino, 2022

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