Il 24 Febbraio alle h 17.30 il Progetto Culturale – Uno Sguardo al Cielo vi dà appuntamento al webinar gratuito dal titolo: Separazione, perdita ed elaborazione del lutto. Esperienze nelle comunità di accoglienza per minori (0-6).

Relatrice dott.ssa Paolina Pistacchi, Psicologa Psicoterapeuta

Link per effettuare l’iscrizione preferibilmente entro il 24 Febbraio h 12.00:

https://www.unosguardoalcielo.com/

L’evento si terrà sulla piattaforma Google Meet.
Il link di accesso all’aula sarà inviato al termine delle iscrizioni

Info: Dott.ssa Alessandra Chiaromonte

conversazionilutto@unife.it

Nel bambino piccolo la fame dell’amore e della presenza materna non è meno grande della fame di cibo (Bowlby 1988). Il legame di attaccamento è l’imprinting di tutte le future relazioni significative dell’individuo. Gli schemi con cui si interpretano la realtà e le relazioni si formano infatti proprio in questo periodo e ci condizioneranno per tutta la vita. Le madri che vivono una situazione di isolamento sociale o che non riescono a fornire supporto e sostegno psicologico corrono più facilmente il rischio di avere problemi nella cura del proprio bambino, o di sviluppare una depressione più grave arrivando persino ad inibirne il “contatto”. I bambini, a loro volta corrono il rischio di sperimentare quasi sempre un attaccamento disfunzionale con le figure genitoriali da necessitare di una riparazione a tale trauma primario. Qualsiasi libro si sfogli, che tratti il tema della maternità o dell’essere genitore, mette in evidenza quanto sia importante che la madre abbia attorno a sé una rete di sostegno, che risponda ai suoi bisogni, alle sue paure, incertezze e dubbi. In alcuni casi la “cura educativa” fornita dalle comunità di accoglienza madre-bambino può aiutare la diade a ridurre la portata degli eventi di vita traumatici e tentare di “riparare” un contenitore materno “bucato” per prevenire esiti disadattivi futuri proprio sul piano di quella genitorialità che si sviluppa nei primi mesi/anni di vita. Ma quando l’accoglienza della comunità madre-bambino non risulta efficace per supportare le capacità genitoriali possono essere previsti per il bambino altri percorsi come l’affidamento familiare o, nei casi più gravi, l’adozione. Certamente l’affido etero familiare può essere una risposta adatta per un bambino che ha sperimentato nella sua famiglia d’origine inadeguatezza, trascuratezza e relazioni distorte, tuttavia questo non è sempre un percorso facilmente praticabile e talvolta può rivelarsi persino inopportuno. Di fatto non sempre si riescono a reperire famiglie affidatarie adeguate e necessariamente preparate ad affrontare le molteplici problematicità dei minori allontanati e delle loro famiglie d’origine. Dibattiti molto accesi sono avvenuti sull’opportunità o meno di inserire bambini, soprattutto quando molto piccoli, in comunità per minori. Da più autori è stato affermato come non sia opportuno, ad esempio, inserirvi bambini e ragazzi che dovranno restarvi a lungo, sostenendo l’importanza di privilegiare l’affido familiare perché ritenuto un contesto relazionale più vicino alla normalità, più affettivo e più stabile. Il primo obiettivo, in ordine di tempo, della comunità per minori è quello di aiutare i bambini, a superare lo stress della separazione, dell’allontanamento e a volte della perdita dei genitori e dell’inserimento in un ambiente sconosciuto. Le comunità per minori vogliono e possono essere luoghi di accoglimento, di sosta, riposo e protezione, dove recuperare energie e prepararsi per il futuro, sperimentando relazioni significative con figure adulte positive che possano fungere da “base sicura” da cui ripartire. È importante nel lavoro educativo progettare spazi e attività che accompagnino i più piccoli a familiarizzare con il concetto della perdita, della separazione e del lutto e che preparino ad una elaborazione personale e condivisa del dolore e delle emozioni. È necessario aiutare l’educatore a trovare le proposte che permettano ai bambini di soffermarsi sulle tematiche dolorose senza generare stati d’animo di difficile contenimento e affrontare con loro le tematiche del lutto, della perdita e anche quelle della morte, perché anche quando non hanno subito perdite personali, i bambini sono circondati continuamente dalla morte. Il contesto educativo deve poter essere inteso come una sorta di “spazio transizionale di protezione”, un terreno d’incontro dove attraverso la mediazione dell’educatore il bambino possa elaborare i cambiamenti che la vita pone davanti utilizzando varie tipologie di linguaggi, alcuni  tanto cari e prediletti dai bambini, si pensi al disegno e alla pittura, al gioco, alla narrazione di fiabe, altri meno usuali, ma ugualmente apprezzati, come la musica ancestrale, e le tecniche sul controllo del corpo e l’aumento della consapevolezza.

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