Era inevitabile che arrivassimo a Emily Dickinson. Magari resteremo con lei per un po’ e certamente ci torneremo.

La ragazzina terribile di Amherst si è dotata del superpotere di restare ragazzina anche da donna (come di essere donna da ragazzina), e poi di restare ragazzina a dispetto di aver vissuto il suo ultimo giorno in carne e ossa nel maggio di 134 anni fa.

Non ha perso il benché minimo epsilon di freschezza, di chiara visione, di parola chirurgica, di forza.

Tengo la raccolta che me la ha fatta incontrare per la prima volta come un breviario, come il sacco degli amuleti di uno sciamano, uno scaffale di rimedi per ogni male. La medicina può essere amara ma schiarisce. E guarisce.

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Andando in Cielo!

Quando, non so –

e non chiedetemi come!

In effetti sono troppo stordita

per pensare a rispondervi!

 

Andando in Cielo!

Come suona vago!

Eppure si farà

sicuro come il gregge torna a casa la notte

sotto la guida del pastore!

 

Forse ci andate anche voi!

Chi lo sa?

Se doveste arrivarci prima

Tenetemi un posticino

vicino ai due che ho perduto –

La “veste” più piccola mi andrà bene

E una “corona” minuscola –

Perché sapete che non badiamo all’abito

Quando torniamo a casa –

 

Sono contenta che non ci credo

perché mi taglierebbe il respiro –

e vorrei guardare ancora un po’

questa terra tanto curiosa!

Sono contenta che ci credevano

quelli che non ho più trovato

da quel potente pomeriggio d’autunno

che li lasciai nella terra.

 

Emily Dickinson

[da Poesie, Grandi Classici – Oscar, Mondadori, traduzione di Massimo Bacigalupo]