• Autore, David Almond
  • Illustratore, Dave McKean
  • Casa editrice, Edizioni BD
  • Primo anno di edizione, 2008  

La vita di Blue Baker, un giovane ragazzo, è una vita normale e felice. Una famiglia in cui ci si vuole bene, la scuola, qualche problema con il gradasso di turno. Chiunque abbia un minimo di dimestichezza con il mondo delle storie sa che un simil prologo porta naturalmente ad una rottura della quiete. Ed ecco che il padre di Blue muore, come dice il ragazzo “Un giorno Papà era con noi. Il giorno dopo il suo cuore si era fermato, e lui non c’era più.” 

Senza che una malattia o l’età lo pre-allertino. Come nella vita reale.

Una psicologa propone a Blue di scrivere come sta, ma lui non è interessato. Passano i giorni ed improvvisamente sente la necessità di raccontare una storia. La storia del Selvaggio.

Inizia così per noi lettrici e lettori un gioco di intrecci e sovrapposizioni che tutte/i noi ben conosciamo tra realtà e finzione. Un interregno in cui lo scambio e le reciproche influenze sono concrete e costanti come Blue scopre “Quando disegnavo e scrivevo le sue storie, potevo vederlo, potevo sentirlo, potevo avvertirne l’odore. A volte, era quasi come se io fossi lui e lui fosse me.”

La storia in questo suo aprire ad altri possibili sé inizia a coinvolgere anche i rapporti con le altre persone intorno al nostro protagonista: la madre, la sorellina, il proprio antagonista, etc etc.

L’incontro tra i pluripremiati David Almond, alla scrittura, e Dave McKean, alle illustrazioni, dà forma ad un breve racconto illustrato capace di essere godibile su più livelli.

Prima di tutto dal punto di vista letterario come storia in sé.

Poi come riflessione sul rapporto tra scrittura e vita “reale”. Nello specifico mette in luce alcuni meccanismi che possono attivarsi nel dare forma ad una storia che sentiamo la necessità di “tirare fuori”. 

Questo apre anche a riflessioni sul rapporto tra finzione letteraria e realtà, tra quella che Bruner definirebbe il rapporto tra Storia Narrativa e Storia Personale.

Infine, ci pone davanti a quanto sia importante saper cogliere ed accogliere le differenti forme di elaborazione di un lutto, soprattutto se importante, e le conseguenze pratiche, concrete ed emotive che questo può avere nei nostri processi di auto-narrazione. La capacità magistrale è di fare tutto ciò “semplicemente” raccontando una storia, senza mai la presenza, o l’esigenza, di altro. C’è un’evidente fiducia e competenza, naturalmente, verso la narrazione.

Un appunto particolare penso che meritino le illustrazioni di Dave McKean capaci di dare corpo senza mai essere didascalico. Mi pare che siano varchi capaci di aprire verso possibili immaginari, spazi in cui dare noi stessi forma alla storia scritta, al rapporto tra essa e la nostra vita, ai nostri taboo. Al nostro, o ai nostri, possibili Selvaggi. 

Per approfondire:

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