Romanzo di Oliver Pötzsch
In una mattina del 1659 la cittadina bavarese di Schongau viene sconvolta dal ritrovamento del cadavere di un undicenne, nei pressi della riva di un fiume. Un banale incidente o una barbara uccisione? Il mistero si infittisce quando sul corpo del bambino viene rinvenuto uno strano marchio impresso sulla pelle con un insolito inchiostro viola. Sarà solo l’inizio. A questa seguiranno altre morti misteriose, ai danni di altri bambini del quartiere. La smania di trovare il colpevole porterà l’intera comunità a puntare il dito gli uni contro gli altri. È l’epoca della caccia alle streghe, quindi quale ipotesi migliore se non quella di scovare un sortilegio ed il demonio che lo ha permesso?
A fronte di un cammino che pare già segnato, almeno per chi è divenuto il capro espiatorio di tutte le accuse, c’è invece qualcun altro che cerca di ripristinare equilibro, ragione e verità, nel rispetto delle giovani vite spezzate e in ciò che resta delle loro famiglie. Si tratta del boia del paese, una figura alquanto controversa. Persona indispensabile in un momento storico in cui la pena di morte, la tortura e la pubblica gogna sono normali applicazioni della legge, eppure, contemporaneamente, relegato ai margini di una società che vede coloro che infliggono la morte per lavoro persone abiette e impossibilitate a gestire normali relazioni umane. Sono persone delle quali si rifugge lo sguardo, le cui figlie e figli non possono essere dati in marito o in moglie a qualcuno che non eserciti la medesima professione. I boia, infatti, appartengono a delle vere e proprie dinastie di boia che danno seguito alla loro stirpe combinando matrimoni all’interno della loro stessa casta.
Ma il boia di Schongau possiede un’anima difficilmente imbrigliabile in una categoria sociale: figlio di un padre che fin da piccolo lo ha coinvolto nelle esecuzioni, al punto da giurare a se stesso che mai avrebbe portato avanti la sua professione pur sapendo di non avere altra scelta, il boia di Schongau impara a coltivare parallelamente la morte e la vita. Da un lato esegue le pene capitali, dall’altro lato impara a conoscere le erbe officinali ed i segreti di cura che sfuggono alla tradizionale medicina che sembra imprigionare in rigidi ed insensati protocolli i medici che si sono formati in prestigiose università.
Lontano dagli sguardi sospettosi della nobiltà, il boia di Schongau dispensa le sue cure a chiunque ne abbia bisogno. Per questo non può accettare che la levatrice del paese, la donna che ha aiutato i suoi figli a nascere, venga ingiustamente accusata di essere proprio lei la strega artefice del delitto dei bambini di Schongau.
È una lotta contro il tempo. Nessuno vuole una nuova caccia alle streghe. Arderne al rogo una per tutte può essere sufficiente. Ad aiutare il boia in questa ardua impresa c’è un giovane medico che trova nei rimedi officinali del boia un valido supporto alla medicina tradizionale che non sempre possiede i rimedi adeguati a ciascuna persona. Inoltre, il giovane medico, contro tutti i dettami, si è invaghito della figlia del boia. Anche se sa che non potrà mai sposarla, non può fare altro che sentirsi profondamente coinvolto dalla tenace intelligenza che ha ereditato dal padre.
Un giallo ben scritto, che ci accompagna tra le ombre di un passato che, a tratti, appare quantomai attuale.
La morte e la vita sono indissolubilmente legate in questo romanzo in cui mai niente è come appare. Occorre non fermarsi alla superficie delle cose, ma scavare in profondità, non abbandonarsi ad una comoda apparenza, nemmeno se è universalmente riconosciuta.
Monica Betti, insegnante di Scuola dell’infanzia