Testo Jerry Spinelli

Traduzione Manuela Salvi

Casa editrice Mondadori, 2017

Si dice che un buon narratore dia sempre l’impressione di essere dalla parte del personaggio di cui parla. Che sia un “buono” od un “cattivo” porta la lettrice/ore ad immergersi in quello specifico punto di vista vivendolo come “vero”. Anche nel La figlia del guardiano avviene questo. Ci troviamo a spostarci tra gli sguardi principali considerandoli tutti come giusti. Non lo si vive in modalità schizofrenica, ben inteso, ma come una continua scoperta. Un’apertura a quella incompletezza della vita che ci permette di avere sempre una nuova possibilità di trasformazione.

Siamo in Pennsylvania nel 1959. Cammie, giovane adolescente, è la figlia del direttore del carcere di Two Mills. Orfana di madre, ha trovato nelle detenute del carcere delle figure femminili a cui si sente vicina e si affeziona. Questo però non le basta per colmare la mancanza così, giunta in prossimità dei tredici anni, decide di trovarsi da sola una madre. La designata è Eloda, una detenuta che ha il compito di prendersi cura dell’appartamento in cui la ragazza vive con il padre. Tra i vari compiti della donna c’è quello di pettinare e sciogliere i nodi dei capelli della ragazza. Un momento per Cammie, fondamentale. Un atto di cura e di piacere che cerca di prolungare il più possibile. Un racconto che ben si adatta al movimento dello scorrere sapiente del pettine, capace di scivolare leggero e di scontrarsi con nodi da aggirare o sciogliere con decisione. In questo tessere e sciogliere si incontrano le verità di Cammie e le vite delle differenti protagoniste e protagonisti. Perché la ragazzina, forte anche dell’età, ha degli slanci decisi, forti, fatti di visioni nette, dicotomie ed eccessi che danno ritmo al pettine. E noi che leggiamo ci troviamo in questo ritmo ondivago a volte lento a volte deciso che ci accompagna lentamente verso le verità. Perché Cammie è questo che vuole sapere. Cosa realmente è accaduto alla madre? Come è morta? E se lei è, suo modo, la responsabile. Una ricerca che non prende la forma né di un mistery né di un giallo ma quello di un costante scavo archeologico della vita portato avanti da un’adolescente che ha necessità di capire. Una morte che, nonostante sia lontana nel tempo, è quasi totalizzante nel presente e nell’apertura al futuro. 

E’ anche una storia di adulti che non vogliono, o possono, dire. Di sussurri, di impressioni che la ragazzina si trova a dover scoprire, apparentemente, da sola. Come sempre Jerry Spinelli ci fa incontrare l’essere umano in tutte le sue complessità senza cadere nel manierismo. Persone, non personaggi, con cui lettrici/ori si confrontano, interrogano e riflettono. 

Con questo romanzo abbiamo anche concluso la nostra breve proposta di storie che ruotano intorno alla morte di un familiare. L’obiettivo non era quello di toccare tutti i possibili ruoli della famiglia, bensì aprire a diverse forme di racconto in cui la morte è presente come incipit e meccanismo narrativo. Una scelta questa che ha permesso di condividere dei libri che ci fanno sentire guardati mentre si dipana la storia. 

Emanuele Ortu 


Per approfondire

Recensione del New York Times

Recensione su Liber

http://www.liberweb.it/index.php?option=com_content&view=article&id=11865:la-figlia-del-guardiano&catid=25&Itemid=161

Interviste all’autore

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