Liliana Segre  nominata, dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, senatrice a vita, è impegnata dal 1990 a portare la sua testimonianza nelle scuole e nelle università. Nata a Milano nel 1930, in una famiglia ebraica laica, nel gennaio 1944 fu caricata su un vagone al binario 21 della stazione centrale di Milano e deportata con il padre in Germania, internata a Birkenau-Auschwitz. Sul braccio le venne tatuato il numero di matricola 75190. «Ho 87 anni, ne avevo 13 quando fui deportata ad Auschwitz. Ne avevo 60 anni quando ho cominciato a raccontare». Furono 775 i bambini italiani inviati nei campi di sterminio: Liliana Segre è tra i 25 sopravvissuti.

Anche Andra e Tati Bucci (4 e 6 anni) vennero deportate ad Auschwitz-Birkenau. Al termine della guerra la madre Mira riuscì a ritrovarle, ricordando i numeri tatuati sulle braccia. Le bambine si riunirono alla madre nel dicembre 1946. La loro storia, oggi, viene raccontata ai ragazzi con un cartone animato: “La stella di Andra e Tati”. La prima volta in Europa che un cartoon affronta la Shoah. Il cartoon, la cui regia porta la firma di Rosalba Vitellaro e Alessandro Belli, è stato sostenuto dal MIUR, in collaborazione con la RAI e Larcadarte: fa parte delle iniziative che il ministero dell’Istruzione mette in campo per la Giornata della Memoria del 2018, a 80 anni dall’emanazione delle leggi razziali. Una storia incredibile quella delle sorelle Bucci: nate a Fiume nel 1939 e nel 1937, Andra e Tati vennero arrestate insieme alla mamma, alla zia, al cuginetto e ad altri famigliari. Il loro treno arrivò ad Auschwitz-Birkenau la notte del 4 aprile 1944. La nonna venne uccisa la sera stessa, le bambine, forse scambiate per gemelle perché praticamente identiche, furono indirizzate al Kinderblock insieme al cuginetto. Ad Auschwitz-Birkenau vennero deportati circa 230.000 bambini ebrei, provenienti da tutti i paesi dell’Europa e la loro sopravvivenza fu sempre legata a circostanze del tutto eccezionali, visto che la regola del campo prevedeva che i bambini sotto i 14 anni venissero immediatamente mandati alle camere a gas, a parte i gemelli o i bambini giudicati interessanti per gli esperimenti medici. Quando il 27 gennaio 1945 i sovietici entrarono ad Auschwitz, c’erano solo 650 bambini in vita: fra loro Andra e Tatiana, che finirono in Polonia e poi in Inghilterra.

Rosalba Vitellaro, sceneggiatrice e scrittrice, ha fondato il centro di produzione cinematografica Larcadarte, che si occupa di comunicazione sociale e spiega come è nata l’idea di fare un cartoon sulla Shoah:

Tutte le nostre storie hanno al centro un tema sociale: abbiamo parlato di dispersione scolastica, di sfruttamento minorile, di mafia, abbiamo realizzato un cartone sui giudici Falcone e Borsellino, “Giovanni e Paolo e il mistero dei pupi”, uno su padre Pino Puglisi, “La missione di 3p”, uno sullo ius soli, “Il traguardo di Patrizia”… Ci piace trattare i temi un po’ difficili, quelli in cui poca gente ha voglia di entrare, magari per paura e lo facciamo parlando ai bambini, creando strumenti didattici, perché è da loro che bisogna cominciare per cambiare le cose. La Shoah è argomento scottante e d’attualità, io ho una figlia di 14 anni e ho paura. In Europa nessuno ha raccontato la Shoah  ai bambini e anche nel mondo esiste solo un film giapponese del 1995 che narra il Diario di Anna Frak, un testo meraviglioso ma inflazionato. Noi cercavamo una storia meno nota e che avesse un lieto fine, da raccontare in animazione: abbiamo trovato questa storia incredibile, di queste due sorelle che non solo si salvate da Auschwitz ma hanno ritrovato la mamma e papà, la zia, la famiglia… Ad Auschwitz hanno perso la nonna, inviata subito alle camere a gas, e il cuginetto, la perdita di quest’ultimo è il loro più grande rimorso. Si sono salvate grazie al fatto che una blockova, la deportata incaricata di sorvegliare i bambini, le aveva prese in simpatia, il perché non se lo sanno spiegare nemmeno loro. La nonna di Alessandra Viola, la co-sceneggiatrice insieme a me e a Valentina Mazzola, è ebrea e si è salvata dalla deportazione solo perché era in viaggio di nozze. Quando è tornata a casa non ha trovato più nessuno, la casa era devastata e non ha mai più riavuto i suoi cari. Alessandra perciò ha sempre questa idea di raccontare la Shoah, nasce da lei: son tre anni che ci lavoriamo. Il messaggio sul quale abbiamo puntato è la memoria, il fatto che non si deve dimenticare. È lo stesso quando raccontiamo la mafia ai bambini, Falcone e Borsellino molti bambini non sanno chi siano, è una cosa grave. Qualcuno in più saprà che c’è stata la seconda guerra mondiale e avrà forse sentito il termine Shoah, ma non sanno che ci sono stati più di 200mila bambini deportati ad Auschwitz-Birkenau, non sanno cos’è un campo di concentramento, forse qualcuno ha visto qualche spezzone di “La vita è bella”. Noi abbiamo scelto una storia con un lieto fine perché il bambino deve avere un’emozione: è l’insegnante che poi deve portarlo oltre l’emozione. Noi offriamo la matita e il foglio, poi la narrazione può avvenire solo grazie al contributo di insegnanti preparati, per questo è fondamentale che ci sia una attenzione e una preparazione degli insegnanti, affinché la scuola garantisca la memoria.

La shoah dei bambini : in un cartone
animato la storia delle sorelle Bucci
Tratto da un lavoro di Sara De Carli – www.vita.it
22.01.2018

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