“Diglielo alla maestra Monica che cosa facciamo oggi pomeriggio, Martina”. A mamma Adele piace quando è la sua piccola a raccontarci le cose. “Facciamo una torta. E poi la portiamo a Pallina in campagna”. Lo dice con aria finalmente serena, cercando conferma nello sguardo di sua madre che le sorride. Pallina è una cagnolina alla quale Martina è molto affezionata ed abita in una casa in campagna dove, a causa delle restrizioni, Martina non è più potuta andare con la sua famiglia da moltissimi mesi. Ma per Martina quella casa era molto importante. Era la casa dei giochi, quelli con la cagnolina e i nonni, che sono morti di Covid entrambi. Per molti mesi Martina ha preferito non fare giochi di movimento, quelli liberi, in cui si corre, si urla, ci si acchiappa. Preferiva rimanere ferma, in un angolo del giardino o in un angolo della sezione, a fare finta di scrivere per terra. A volte rimaneva ferma e basta, senza giocare. Non è facile spiegare ad un bambino che il mondo è cambiato a tal punto che è divenuto normale, anche se il solo pensiero fa rabbrividire, perdere due nonni anziani a causa di un virus nel giro di pochi giorni. Non voleva più giocare Martina e la preoccupazione di sua madre è stata da subito evidente. “Non so più che cosa inventarmi”, diceva, “vuole solo andare nella casa in campagna per vedere che i nonni non ci sono più. Le ho spiegato che non possiamo. Allora comincia a dire che anche Pallina non c’è più. Le ho spiegato di no, che Pallina c’è ancora e la aspetta, che una signora vicina di casa le sta dando da mangiare, ma lei non ci crede. Dice che anche Pallina non c’è più”. Non voleva più giocare Martina, perché i giochi che faceva le ricordavano tutto quello che le faceva più male: il nascondino con il nonno, la cucina con la nonna, i bastoni lanciati a Pallina. Abbiamo parlato a lungo con mamma Adele. Le abbiamo spiegato che, a volte, anche i silenzi vanno ascoltati. Che Martina avrebbe ricominciato a giocare, doveva solo trovare un modo di giocare che le permettesse di trovare una strada per essere di nuovo serena, anche quando la strada del gioco e quella del ricordo si incrociavano. Abbiamo passato tanto tempo sedute per terra vicino a Martina. Abbiamo raccolto e spazzato tanta di quella terra da riempire almeno tre volte il nostro giardino. Finché quella terra è diventata una torta. “Per Pallina” ha detto. E ha cominciato a piangere. Allora abbiamo trovato insieme la strada per costruire un gioco che le permettesse di crescere e affrontare il dolore. Ben presto le torte sono diventate quella alle mele che piaceva al nonno e quella al cioccolato che piaceva alla nonna. Poi ha cominciato a prenderle in mano, a fare finta di portargliele. Sceglieva un angolo del giardino e le lasciava lì, in attesa che fossero poi loro a venirle a prendere. Giocare in tempo di Covid significa anche questo. Costruire ponti tra dimensioni che a volte sembrano non toccarsi mai. Martina ha ricominciato a giocare, a ricordare e a convivere con il dolore. La torta di terra è diventata una torta vera e la porterà a Pallina. Non tutto muore. Qualcosa, qualcuno, sopravvive e restituisce una nuova speranza. “Ho dovuto ricominciare a giocare con lei come quando era più piccola” ci ha detto ad un certo punto mamma Adele. “Giocare insieme ci ha permesso di affrontare insieme il dolore. All’inizio mi innervosivo a preparare quelle torte polverose che si frantumavano. Poi ho capito che quel tempo passato a fare qualcosa di apparentemente incomprensibile non era tempo sprecato. Ho cominciato a capire che dovevamo trovare la ricetta giusta per tenerle insieme quelle torte, la giusta percentuale di acqua e terra. L’abbiamo trovata. E così il nostro dolore ci è sembrato più sopportabile. Poi, un giorno, Martina mi ha chiesto di fare una torta per Pallina. Avevo già aperto la porta del giardino, ma lei mi ha detto no mamma, una torta vera. Allora ho capito che quelle ore di gioco non erano passate invano. Abbiamo preparato una torta e la portiamo in campagna. Non sarà come prima, ma almeno proveremo a ricominciare”.

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