Vengono definiti stranger teens, ovvero ragazzi strani o stranieri al mondo che li circonda. Sono gli adolescenti affetti da una patologia oncologica.

L’irrompere di una malattia in adolescenza, oltre ad interrompere i processi evolutivi di indipendenza dalla famiglia, di costruzione di una propria identità e di scoperte relazionali, pone a questi ragazzi delle forti contrapposizioni, producendo confusione nei loro bisogni, primo fra tutti quello di indipendenza, minato dall’ inevitabile condizione di dipendenza dai familiari che comporta una patologia grave.

Certamente, non si è mai pronti all’evento malattia, soprattutto se è grave da far pensare e confrontarsi con l’idea della propria morte. In particolar modo si è maggiormente vulnerabili se si stanno vivendo cambiamenti cruciali dal punto di vista psicologico e fisico, quali quelli che avvengono durante la delicata fase dell’adolescenza.

L’adolescenza è una terra di mezzo ma lo è ancora di più in oncologia dove i ragazzi sono troppo grandi per frequentare reparti di pediatria ma troppo piccoli per essere inseriti nei reparti oncologici degli adulti, proprio perché i giovani malati di tumore hanno bisogni particolari.

Per venire incontro a queste esigenze, nella clinica di Oncoematologica Pediatrica di Padova è nato il Progetto Strange teens, sostenuto da Team for Children, con lo scopo di creare un nuovo modello di approccio e cura dedicato agli adolescenti con malattia oncologica, nel tentativo di occuparsi non solo della malattia ma di far entrare in ospedale la loro vita intera.

E’ stato realizzato uno spazio dedicato, una sorta di casa all’interno dell’ospedale, la “Teen zone”, dove ogni ragazzo può affrontare le terapie più serenamente o semplicemente chiacchierare con i coetanei in un ambiente sicuro e meno ospedalizzato. La presenza di televisori, playstation, giochi da tavolo, ecc…  consente di normalizzare un posto estraneo ai ragazzi e permette una continuità con le consuetudini domestiche. 

Il progetto Stranger Teens si sviluppa nell’accompagnamento dei ragazzi sia in day-hospital e in reparto tramite un attento supporto dal punto di vista medico, psicologico e sociale, sia nelle attività extra-ospedaliere, che coinvolgono i ragazzi durante alcuni pomeriggi, serate o nei week-end. Le attivitàpossono variare da corsi di fotografia, sessioni di make-up, attività di cucina ad attività sportive.L’ obiettivo è quello di assicurare, il più possibile, una continuità con le abitudini quotidiane “temporaneamente sospese”, attraverso anche il mantenimento dei legami con il gruppo dei pari e fornendo loro la possibilità di costruirne di nuovi.  L’ augurio è che facendo conoscere più realtà possibili, i confini presenti nell’ambito del lutto si trasformino in nuovi orizzonti.  

Giada Zucchini, psicologa

(Foto di Alessandro Maria Fucili)

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