Michele Riondino, Federica Fracassi, Davide Compagnone ed Eleonora Montagnana, hanno portato in scena al teatro Lucio Dalla di Manfredonia (FG) il mito di Euridice e Orfeo, regia di Valeria Perrella rivisitato in chiave moderna.

Della struggente storia di Orfeo hanno narrato Virgilio nelle Georgiche, Ovidio nelle Metamorfosi e Poliziano nell’opera teatrale “Fabula di Orfeo”. Orfeo, figlio del re di Tracia e della musa Calliope, riceve in regalo da Apollo una lira e diventa un valente musico e il suono incanta uomini, animali e la stessa natura. Anche le Driadi, ninfe dei boschi, si fermano spesso ad ascoltarlo e la bellissima Euridice gli apre il suo cuore. I due vivono una bellissima storia d’amore, ma il crudele destino le riserva una morte atroce, muore a causa di un morso di una vipera mentre passeggia nei boschi con Orfeo. Altra tradizione dice che sia stata morsa mentre fuggiva alle avances del corteggiatore Aristeo. Orfeo non si dà pace e, straziato dal dolore, scende agli inferi con la sua fedele lira alla ricerca Euridice nel tentativo di riportarla nel mondo dei vivi. Proserpina, regina degli Inferi, si commuove di fronte al canto e al dolore del giovane, e gli concede di portarla ai vivi a condizione che lui risalga senza mai voltarsi indietro per guardare l’amata. Orfeo trasgredisce ed Euridice viene immediatamente risucchiata nell’oblio eterno. Come tanti prima di lei. Nella versione moderna della regista Parrella la domanda è sempre la stessa: che significato ha il voltarsi indietro? Il rievocare il passato, il rivivere i dolcissimi momenti trascorsi? L’Orfeo in giacca e cravatta «rievoca il suo amore assoluto e totale per Euridice, e passa agilmente dal ricordo della sua amata nei gesti quotidiani (“l’abbracciavo mentre cucinava”) alle domande esistenziali sulla morte (“se non ci fosse saremmo dei, oppure non saremmo vivi”) e sull’ineluttabilità del destino (“il tempo della nostra vita, tutto quello che facciamo, i luoghi in cui andiamo servono solo per ritardare l’incontro col nostro destino”). Nella rievocazione lo accompagna Davide Compagnone, che come una sorta di “Grillo Parlante”, cerca di metterlo di fronte alla realtà, Euridice è morta e non tornerà indietro».

Euridice e Orfeo

La stessa Euridice, interpretata da Federica Fracassa, dopo la sua morte, in scena è distaccata, non interagisce con Orfeo. Ricorda l’intenso amore passato che ineluttabilmente è stato spezzato dal crudele destino e dell’atrocità della sua morte. Ecco che il “voltarsi indietro” di Orfeo si riempie di significato, diventa presa di coscienza, accettazione consapevole della realtà della morte, senza che essa scalfisca minimamente il passato e l’intensità dell’amore, elaborazione del lutto. L’ultima scena vede Orfeo stesso cospargersi con le ceneri di Euridice, un gesto simbolico che evoca la purificazione e la sublimazione del dolore.

(fonte: articolo di Annapina Rinaldi, aprinaldi@alice.it del /26/02/2016 su http://www.statoquotidiano.it )

 

 

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